"the problems we all live with" di norman rockwell

lunedì 8 agosto 2016

Essere e apparire, il circuito della fiducia

La vicenda del PM di Trani, indotto ad astenersi da un delicato procedimento dopo la diffusione di una foto goliardica fatta anni addietro col difensore di uno degli indagati, puo' essere l'occasione per fare alcune riflessioni sulle responsabilita' delle persone con incarichi pubblici.

Nessuno, mi auguro, vuole giudicare dal punto di vista etico o morale il comportamento privato di questo magistrato (peraltro nel caso di specie parliamo di un contesto evidentemente scherzoso). Tantomeno nessuno ha sollevato specifiche critiche sul suo operato nella nota indagine (il drammatico scontro di treni).
Il punto allora non e' sostanziale ma formale, ma non per questo irrilevante.

La giustizia e' un mucchio di parole scritte su fogli di carta: se la collettivita' non crede che queste debbano essere rispettate e non riconosce autorita' agli organi chiamati a farle rispettare ...il banco salta e la tenuta del sistema diventa a rischio, facendosi strada alternative pericolose: una anarchia di fatto nella quale prevale il piu' forte, ovvero altri ordinamenti che regoleranno i conflitti, come quelli mafiosi (basati sulla prepotenza e l'intimidazione).
Questo per dire che la credibilita' e l'autorevolezza di un sistema giuridico e di chi e' chiamato a farlo funzionare (magistrati, avvocati e forze dell'ordine in primis) non sono optional ma attributi essenziali perche' il patto sociale regga e non si scivoli verso perniciosi qualunquismi ("tanto non serve a nulla...") o contesti in cui sia la prepotenza a prevalere e non la ragione.
Ecco perche' l'articolo 54 della Costituzione, dopo aver ricordato che tutti i cittadini devono osservare le leggi, specifica che coloro a cui sono affidate funzioni pubbliche devono adempierle con disciplina ed onore.

Disciplina ed onore, quindi...qualcosa persino in piu' del rispetto delle regole, ma appunto quella particolare serieta' e credibilita' che viene richiesta a chi ha il compito di incarnare e rappresentare una funzione pubblica.
In qualche caso puo' succedere che un comportamento lecito danneggi l'onore di un servitore pubblico: questo non deve condurre a gogne mediatiche o processi sommari, ma semplicemente si dovra' fare in modo che quel danno (di cui magari il soggetto e' poco o per nulla colpevole) non ricada sulla funzione che e' chiamato ad esercitare...

Questo tema non e' secondario se vogliamo comprendere il degrado del Paese negli ultimi decenni e il crollo di fiducia che osserviamo nei confronti non solo della politica ma di quasi tutte le istituzioni repubblicane.
Le ragioni ovviamente sono tante e a volte anche sostanziali, ma credo anche che sia stato particolarmente grave aver perso il senso di responsabilita' ed opportunita' da parte di chi ha funzioni pubbliche.
Penso a quante volte si sia invocata un'assoluzione stiracchiata come patente della propria dignita' a ricoprire incarichi...mentre il non aver commesso illeciti non e' titolo di merito ma dovrebbe essere semplice prerequisito scontato.

L'attenzione anche all'apparenza non va confusa con un superficiale bigottismo di copertura a comportamenti ipocriti.
Non possiamo pretendere (e non vogliamo nemmeno) funzionari pubblici fuori dal mondo, modelli di virtu' e astinenza. Ma possiamo chiedere che chi ha l'onore e la responsabilita' di esercitare un potere pubblico presti attenzione affinche' la sua immagine pubblica non danneggi (anche involontariamente) il decoro e il prestigio della funzione affidata.
Sono valutazioni a volte difficili e opinabili e sicuramente legate anche alla sensibilita' culturale del tempo, ma restano importanti perche' da queste dipende una fetta della fiducia che i cittadini sono disposti a concedere alle istituzioni.