Il Governo sta portando alla discussione del Parlamento un disegno di legge che contiene numerose proposte di riforma del processo penale. L'impressione, purtroppo, e' ancora una volta quella che siano pennellate di bianco che tentano solo di nascondere le crepe dell'edificio giustizia (pericolante da tempo) e di scaricare i problemi sul capro espiatorio di turno (in questo caso i pubblici ministeri).
Alcune norme prevedono in particolare che i PM debbano definire il procedimento pendente entro tre mesi dalla chiusura delle indagini, archiviando il caso o esercitando l'azione penale.
Il cittadino sotto indagine, si dice infatti, ha diritto a non restare nel limbo dell'indagine per un tempo indefinito.
Per rendere effettivo il termine si minaccia che in caso di inerzia scatti l'avocazione obbligatoria del Procuratore Generale, ovvero l'indagine verrebbe tolta dal PM di primo grado e data all'organo inquirente di secondo grado, con automatica apertura di procedimento disciplinare.
Mi sembra chiaro chi sia il signor Malaussene in questa vicenda...
Non importa che il carico delle Procure italiane sia tra i primi in Europa e che abbiamo meno magistrati e piu' avvocati di quasi ogni altro stato europeo...
Non importa nemmeno che ogni PM italiano abbia spesso oltre 7/800 indagini contro noti pendenti e sia privo di un ufficio di sostegno...
Non importa che l'Italia abbia un tasso di illegalita' e corruzione elevatissimo e la produttivita' delle Procure sia gia' ai vertici...
Non importera' nemmeno se il PM in quel momento debba decidere molti procedimenti complessi o stia cercando di approfondire una vicenda complessa.
Evidentemente a questo legislatore non interessa migliorare la qualita' del lavoro dei magistrati e non si pone il problema ben piu' importante e complesso di diminuire un carico di cui si e' perso totalmente il controllo.
E' il metodo che abbiamo gia' osservato con il famigerato processo breve: non viene fatto nulla per rendere la macchina piu' efficiente, ci si limita a rottamare l'auto o a processare il conducente se questa non va in porto abbastanza velocemente.
Il processo giusto deve sicuramente essere deciso in tempi ragionevoli, ma una cosa e' affermare questo principio, altra e' pretendere che la soluzione sia semplicemente una tagliola sulle indagini, seminando cosi' anche l'idea negativa che i pubblici ministeri siano fannulloni o capricciosi, cui piace tenersi le indagini nei cassetti per gusto della suspense...
Esiste certamente anche una questione di maggiore professionalita' e di maggiore responsabilizzazione, ma non si puo' pensare di risolverlo con slogan o con ghigliottine processuali, ma aiutando chi lavora a farlo in modo sempre piu' dignitoso, con numeri sostenibili, potendosi specializzare e venendo controllato in un clima di sostegno e non di scaricabarile.
La cosa che dispiace di piu' e' che sarebbero prospettabili molte riforme e semplificazioni che consentirebbero tempi piu' ragionevoli e procedure piu' efficienti.
Riforme non contro qualcuno ma per la giustizia e nell'interesse di tutti coloro che vorrebbero vedere un processo giusto in tempi ragionevoli.
Per discutere di riforme armoniche e responsabili non servono accorgimenti costituzionali ma classe politica e operatori del diritto che sappiano ascoltarsi, che vogliano parlare del merito e non raccogliere solo facili consensi da una parte contro l'altra.