Nei giorni scorsi è stato approvato il disegno di legge di riforma della giustizia penale (introduzione alla riforma e link al testo approvato), in parte già in vigore e che in parte attende invece l'emanazione di decreti legislativi attuativi da parte del Governo.
L'ANM (intervista al Presidente Albamonte) e le Camere Penali (comunicato contro voto di fiducia) hanno espresso il loro dissenso sul metodo (voto di fiducia) e sul merito (per ragioni diverse).
Il fatto di scontentare tutti in un Paese immobile come il nostro non è necessariamente un brutto segno, ma in questo caso purtroppo le critiche hanno molte e complesse ragioni.
Proverò a sintetizzare alcuni dei punti oggetto di discussione per consentire a tutti di farsi un'idea di un provvedimento molto vasto e pregnante.
1) Metodo
Si è deciso di porre la fiducia al Senato su di un unico articolo composto da 95 commi: francamente non il massimo in una materia che richiede grande ponderazione e che incide su diritti fondamentali dei cittadini. E' vero che di alcune di queste norme si discute da tempo, ma l'incapacità di fare sintesi e di dialogare non può ricadere sulla qualità del testo finale. Discutibile è anche l'idea di delegare al potere esecutivo il dettaglio di scelte molto delicate in materia di procedura penale.
2) Intercettazioni
La scottante materia delle intercettazioni è delegata a futuri decreti legislativi: la volontà del legislatore, di per sé apprezzabile, sembrerebbe essere quella di non limitare lo strumento investigativo e invece di evitare la pubblicazione di contenuti non rilevanti per le indagini e anzi lesivi dei diritti dei terzi (prassi davvero censurabile e che in questa giungla non aiuta il pur sacro diritto\dovere di informazione). Ciò però viene perseguito secondo affermazioni non chiare e che rischiano, ad esempio, di aprire problemi circa l'utilizzazione delle intercettazioni nella c.d. fase cautelare (le misure emanate dai Gip nel corso delle indagini). Il giudizio è sospeso in attesa di capire quale disciplina esattamente verrà decisa dal Governo nei decreti delegati, mentre è a mio avviso positivo che si sia previsto di redigere una disciplina delle intercettazioni tramite i "trojan" ovvero captatori informatici. La cosa importante è che non si limiti l'utilizzi di questi nuovi strumenti di intercettazioni solo ai reati più gravi, perché depotenziando le indagini tali reati più gravi nemmeno verranno scoperti... Non consentire la captazione dei messaggi e delle conversazioni su messenger e whatsapp nel 2017 vorrebbe dire di fatto abolire le intercettazioni: su questa materia si dovrà vigilare, senza allarmismi oggi, ma senza superficialità domani.
3) Prescrizione
La legge prevede di fatto un allungamento della prescrizione sino a 3 anni in più rispetto alla previgente normativa (la famigerata ex Cirielli) in caso di condanna in primo e secondo grado. Si tratta di una soluzione intermedia insoddisfacente. Condivido la preoccupazione delle Camere Penali di un processo che si trascina per anni, divenendo esso stesso la punizione anticipata nei confronti di un imputato che invece è presunto non colpevole.
Il problema dei troppi processi che finiscono al macero per la prescrizione, con gravi effetti di impunità, va risolto a monte e non a valle... Bisogna proseguire con la depenalizzazione , snellire le procedure (a mio parere anche riducendo a due gradi di giudizio le vicende meno complesse) , informatizzare i procedimenti e in sostanza consentire che il processo si celebri in tempi ragionevoli. Solo così si può ottenere un giusto processo per chi è accusato e giustizia per chi è vittima. Altrimenti l'allungamento della prescrizione e basta finisce per essere solo accanimento terapeutico.
4) Avocazione delle indagini
Viene previsto che le indagini siano avocate dal Procuratore Generale qualora il Pubblico Ministero non definisca il procedimento entro 3 mesi dalla fine dei termini per le indagini preliminari (esercitando l'azione penale o archiviando). Tale rigidità è del tutto avulsa dalla complessità delle indagini e dal carico assolutamente folle che schiaccia gli uffici di Procura. Questa previsione mi pare frutto per un verso di sfiducia verso la magistratura e per altro verso di una concezione burocratica della stessa e l'unico risultato sarà quello di ottenere pubblici ministeri più preoccupati delle scadenze che delle indagini e della qualità del loro lavoro.
Tutte le statistiche comparate europee degli ultimi anni dimostrano che siamo già adesso la magistratura più oberata di lavoro e più produttiva. Il problema non è fare ancora di più o più in fretta, ma migliorare il modo in cui si lavoro e consentire i dovuti approfondimenti.
Questi sono i punti più qualificanti e preoccupanti della riforma, insieme all'estensione dei casi in cui sarà ammissibile la partecipazione a distanza al processo, che giustamente preoccupa in particolare le Camere Penali ma che deve destare l'attenzione per tutti coloro che hanno a cuore il rispetto dei diritti e la celebrazione di processi giusti.
Vi sono molte altre norme anche tecniche nel provvedimento approvato e spesso sono il frutto di buone intenzioni, ma rischiano di non produrre gli effetti sperati perché frutto di una legislazione a macchia di leopardo e non di una riforma complessiva e organica.
Nonostante in Parlamento siedano tanti validi avvocati e magistrati (ex o in aspettativa), in queste norme si ha la sensazione forte che manchi la sensibilità e la concretezza dei problemi che solo chi frequenta le aule di giustizia tutti i giorni può avere.
La giustizia, compresa quella penale, in Italia non gode di buona salute e tale inefficienza si ripercuote gravemente sui diritti dei cittadini (vittime e indagati) e in generale sulla fiducia verso le istituzioni. Anche per questo è venuto il momento che avvocatura e magistratura si siedano attorno a un tavolo con la politica per risolvere i troppi problemi e le troppe irrazionalità che frustrano la domanda di giustizia e che sono convinto potrebbero in molti casi trovare una soluzione condivisa se solo non si rincorressero gli umori della piazza.