mercoledì 29 ottobre 2014

Tre gradi di separazione

Tre gradi di separazione tra quello la verità, che vorremmo tutta e subito, e l'accertamento processuale, che si costruisce faticosamente e nel tortuoso cammino dei tre gradi, appunto...

In questi giorni, ancor più del solito, si leggono e si ascoltano commenti disorientati di fronte al ribaltamento di sentenze nei gradi successivi (l'assoluzione di Berlusconi in Appello, quella di Dolce & Gabbana in Cassazione e la condanna di Minzolini in Appello).

Come al solito premetto di voler fare una riflessione generale, per rispetto di quelle decisioni, perché non conosco le carte e le questioni affrontate e perché il caso specifico mi interessa poco mentre mi pare importante comprendere e riflettere sui meccanismi processuali, che non riguardano pochi imputati eccellenti, ma migliaia di cittadini (imputati e persone offese...).

Prima di tutto osservo quanto siano illogiche le nostre reazioni di fronte a decisioni inaspettate.
Se ci riflettessimo con qualche freddezza, ci dovrebbe apparire evidente che in linea di massima dovremmo avere fiducia per una decisione presa dai giudici naturali precostituiti (e selezionati per concorso) che hanno letto e studiato tutte le prove...
E invece no, perché per qualche folle e infantile ragione pensiamo di sapere noi la soluzione giusta, come se qualche resoconto giornalistico potesse sostituire la conoscenza dei fatti e delle questioni giuridiche. 
Questa banale considerazione non vuole censurare qualsiasi critica alle sentenze, ma indurrebbe quanto meno a toni meno sprezzanti e a un atteggiamento in generale più prudente e conscio dei propri "pre-giudizi" (Tizio lo sanno tutti che è un corrotto, Caio è un evasore, ecc...).
Il principio costituzionale di presunzione di non colpevolezza non deve restare solo un enunciato ma esiste proprio perché la storia e la storia del diritto hanno dimostrato quanto sia difficile e incerta la ricerca della verità processuale e per questo è necessario grande sobrietà fino a che non si giunge a una sentenza definitiva.

I gradi di giudizio non sono inutili orpelli proprio perchè il processo è un fatto anche tecnico e complesso che risponde a molte regole ed esigenze e che fisiologicamente può condurre persone preparate e perfettamente in buona fede a convincimenti diversi.
Questo riconoscimento della fragilità e della difficoltà dell'accertamento non deve spaventare o scandalizzare ma anzi ci fa comprendere quanto sia importante che diverse persone in più passaggi possano verificare i fatti, valutare l'attendibilità degli elementi di prova, soppesare eccezioni ed argomenti difensivi fino a prendere la decisione finale.

Questa gradualità assume connotati particolari nel processo penale.
Anzitutto perché dovendosi applicare anche gravi sanzioni limitative della libertà personale, l'ordinamento richiede che la prova sia al di là di ogni ragionevole dubbio. Quindi molto più di un semplice convincimento fondato... e infatti come pubblico ministero non è raro farsi un'idea precisa di certi fatti ma poi arrivare a chiedere l'assoluzione perché non si è riusciti a darne prova al di là di ogni ragionevole dubbio nel processo.
Questo ci rende uno Stato di diritto e di queste garanzie dobbiamo andare orgogliosi.

Inoltre il processo penale non deve stabilire se Tizio è una brava persona o se Caio è un delinquente, ma soltanto se l'imputato sia effettivamente responsabile di un fatto di reato e punibile. 
L'assoluzione non è una benedizione e non di rado deriva dal fatto che sono state sì accertate condotte anche scorrette e illegittime, ma queste non hanno superato la soglia della rilevanza penale e che quindi magari possono considerarsi solo illeciti civili, amministrativi o disciplinari... o ancor più semplicemente comportamenti eticamente censurabili ma non vietati.
Tanto per fare un esempio, deve essere chiaro che in Italia la semplice evasione delle imposte non è reato se non deriva da condotte specifiche e fraudolente (ad esempio l'utilizzo di fatture false). 

Ecco che allora condanna e assoluzione devono essere lette nel loro contenuto tecnico e complesso e questo ci aiuterebbe anche a metabolizzare come fisiologico (almeno in generale) il fatto che possano esserci esiti diversi mano a mano che si approfondisce e verifica la questione.
E nemmeno potremmo accettare o ipotizzare un sistema nel quale i gradi successivi possano servire solo a beneficio dell'imputato: un errore di valutazione può anche essere fatto a suo favore e quindi è del tutto logico e rispettoso proprio del principio del contraddittorio consentire anche all'accusa (e quindi anche alle vittime del reato....) di far valere le sue ragioni nei gradi successivi.

E d'altronde il gradimento o meno da parte della massa di una decisione non ha nulla a che vedere spesso con la sua giustizia.
Il processo a Gesù Cristo è un precedente eloquente sul punto...

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