Edoardo Bennato cercava l'isola che non c'è , luogo utopico e intimo di giustizia e pace, di fantasia e solidarietà...
Il giornalista Nicholas Shaxson si è invece messo in cerca delle isole del tesoro, scrivendo il diario di un viaggio nei paradisi fiscali dove è nascosto il tesoro della globalizzazione.
Faccio un passo indietro e vado al 1998. In quell'anno mi sono laureato con una tesi sul riciclaggio di denaro negli Stati Uniti (il c.d. money laundering) e sognavo di lavorare e impegnarmi per fermare quel flusso di denaro che da sporco veniva ripulito per poi consentire alla grande criminalità organizzata di godere dei frutti dei propri delitti e del proprio potere perverso...
Sono passato molti anni e solo di recente comincio a veder crescere competenze, sensibilità e indagini su questo tema cruciale, che tuttavia non è più tanto e soltanto quello del denaro sporco che viene ripulito, ma soprattutto (per dirla con le parole del Procuratore Aggiunto di Milano Greco) del denaro pulito che diventa sporco e sparisce.
E' il tema dell'elusione fiscale (quando non direttamente frode) e per comprenderlo dobbiamo metterci in viaggio verso isole esotiche... e non solo.
Già, perché i paradisi fiscali non sono soltanto sperdute isole nel Pacifico, ma si nascondono nel cuore dell'Europa (Lussemburgo, Andorra e per molti aspetti la stessa Irlanda e il Regno Unito) e degli Stati Uniti (clamoroso il caso dello stato del Delaware).
In questo mondo sotterraneo e insospettabile svaniscono i profitti immensi delle più grandi multinazionali e delle famiglie più ricche del pianeta, che (sappiatelo) spesso pagano meno tasse di tutti noi comuni cittadini.
Il paradiso fiscale è un luogo che garantisce una tassazione bassissima e una grande libertà di manovra dal punto di vista societario, offrendo così risparmi immensi e riservatezza.
Secondo la stima più prudente in queste isole del tesoro sono custoditi 7600 miliardi di dollari, ovvero un dodicesimo della ricchezza finanziaria mondiale delle famiglie.
Secondo le stime più alte (fatte dall'ex direttore per la ricerca economica di McKinsey) si parla di 32mila miliardi di dollari, ovvero sino ad un terzo della ricchezza complessiva...
La tassazione è il momento fondamentale di contribuzione alle spese dello Stato e di redistribuzione della ricchezza: l'elusione massiccia di questo sistema è un grande ostacolo allo sviluppo di ogni Paese e dei suoi cittadini e rappresenta il tradimento di una premessa essenziale per la vita di una nazione.
La strada della democrazia e della libertà non si può percorrere se il potere economico e finanziario resta fuori controllo e sfugge alle regole che si applicano ai comuni mortali.
E' ovvio che questo può avvenire solo con la complicità e l'interesse anche delle istituzioni occidentali e di un potere politico quanto meno miope e incapace di dare una regolazione complessiva e trasparente a questo sistema.
Le scappatoie fiscali restano a disposizione di pochi privilegiati che così custodiscono la loro ricchezza e perpetuano la posizione di vantaggio rispetto a ogni cittadino.
Un sistema veramente liberale non dovrebbe consentire simili privilegi, dovendosi garantire pari opportunità iniziali e volendosi affermare eguali doveri per ogni soggetto, così da far emergere il merito in una logica di sana concorrenza. Anzi, la Costituzione italiana giustamente afferma il principio della progressività che richiederebbe appunto che chi ha di più debba anche contribuire maggiormente e viceversa...
Ebbene, i paradisi fiscali consentono l'esatto contrario: chi ha di più riesce a dare di meno o addirittura a scomparire del tutto dai radar e lasciando paradossalmente anche le grandi nazioni con enormi debiti pubblici e scarsità di risorse per i cittadini.
Le risorse non sono sempre scarse... c'è abbondanza: il problema è valorizzare queste ricchezze (materiali, finanziarie e non solo), usarle e far contribuire tutti alla crescita collettiva, senza consentire i privilegi di pochi.
I privilegi di pochi sono stati alla base di ogni rivoluzione e ribellione, che hanno di volta in volta allargato la platea dei cittadini e ampliato la sfera dei diritti e dei doveri.
Capiamo bene che questa è una questione squisitamente politica e il problema però che non abbiamo un luogo di governo internazionale di questi temi: la sfida globale viene così lasciata a un potere politico frammentato e così anche deresponsabilizzato davanti ai cittadini.
Deve crescere la consapevolezza di questa enorme ingiustizia perché la soluzione può arrivare soltanto da una vasta pressione dell'opinione pubblica.
La conoscenza e la consapevolezza sono il primo gradino per recuperare dignità, legalità e diritti fondamentali... ovvero per metterci in cammino verso l'isola che non c'è.
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