martedì 6 novembre 2018

La PRESCRIZIONE e l'INGANNO delle SCORCIATOIE

La proposta avanzata dal M5S di bloccare definitivamente il decorso della prescrizione dopo la decisione di primo grado è per un verso troppo e per altro verso troppo poco per risolvere i tanti gravi problemi che affliggono la giustizia italiana.

La prescrizione è un istituto giuridico che determina, nel caso del processo penale, l'estinzione del reato decorso un determinato numero di anni.
Questo effetto è collegato al fatto che lo Stato dopo un certo numero di anni perde interesse alla sua pretesa punitiva e per altro verso garantisce il diritto all'oblio del cittadino, che altrimenti rischia di vedersi indagato prima e imputato poi per un numero indefinito e potenzialmente abnorme di anni.

Va fatta una premessa: per molti reati gravi il rischio di prescrizione è oggi in realtà assai contenuto
Violenza sessuale, rapina, bancarotta, riciclaggio, corruzione, omicidio anche colposo... sono tutti delitti che in gergo si dice che non si prescrivono mai, perché il termine è collegato alla pena massima prevista più un aumento di un quarto e questo mette al riparo salvo gravissimi ritardi e inefficienze.
Inoltre è anche vero che la maggior parte dei reati si prescrive in fase di indagini, vanificando quindi l'effetto della norma che si vorrebbe introdurre.
Tuttavia non mancano casi di prescrizione in corso di giudizio e anche nei gradi successivi al primo e questo è oggettivamente un fatto patologico che va affrontato perché vuol dire vanificare anni di indagini e processo.

Interrompere la prescrizione mi pare tuttavia una scorciatoia ingannevole e sbagliata, ancor più se intrapresa mediante un emendamento e senza una riflessione più ampia che consenta una riforma organica.

Il vero obiettivo di tutti dovrebbe essere quello di garantire una durata ragionevole del processo ma ciò non si può ottenere con la leva della prescrizione, che anzi rischia di giustificare rinvii ancora più lunghi.

L'interruzione definitiva della prescrizione è troppo perché nel sistema attuale crea il concreto rischio che i cittadini restino indagati e sospesi alla pretesa punitiva dello Stato per anni... e ciò è in contrasto non solo con la ragionevole durata del processo ma anche con la pretesa di effettività e rieducazione della pena. 
Pensate a un uomo sposato e che lavora e che si vede condannare magari 15/20 anni dopo per reati commessi quando era un ragazzo da poco maggiorenne (attenzione, vi ricordo che i reati più gravi hanno comunque una prescrizione davvero lunga; per esempio la violenza sessuale non aggravata si prescrive in 12 anni e mezzo, la rapina in 25, il riciclaggio in 15...).

L'interruzione definitiva della prescrizione è troppo poco perché non aiuta in concreto a dare una risposta di giustizia effettiva ed efficace, perché anche la collettività e le vittime di un delitto possono sentirsi tutelate davvero solo se la risposta dell'ordinamento arriva in tempi ragionevoli. La complessità del processo e la delicatezza delle sue conseguenze non possono certo consentire frettolosità o superficialità, ma va trovato un punto di equilibrio .

Ancora una volta la politica cerca la scorciatoia, lo slogan facile, le tre righe con cui far credere di aver risolto i problemi.
Occorrono invece riforme complessive, meditate, condivise, precedute da un vero confronto tra gli operatori e la politica.

Faccio qualche esempio su cui quotidianamente riscontro spesso molti punti di possibile accordo con gli avvocati:
. Riforma delle notifiche (per esempio richiedendone una formale e di persona all'inizio e poi stabilendo come obbligatoria la partecipazione al processo dell'imputato, limitando le notifiche solo a quelle telematiche al difensore dopo la prima)
. Riforma delle impugnazioni (consentire la riforma anche in peius in appello, evitando così le impugnazioni fatte solo per sperare in uno sconto di pena o nel rimandare il passaggio in giudicato, impedire il ricorso in Cassazione contro i patteggiamenti, ecc...)
. Riforma dei riti alternativi (aumentare i limiti con cui si può accedere ai patteggiamenti - oggi il massimo è 5 anni, differenziando anche lo sconto di pena tra abbreviato e patteggiamento stesso)
. Mutare la regola per cui il cambiamento di un solo giudice (su tre) possa condurre a dover rifare tutto il processo, però anche al tempo stesso chiedere a noi magistrati di garantire una maggiore stabilità e continuità negli uffici.
. Garantire un ufficio del magistrato che consenta a pubblici ministeri e giudici di lavorare meglio ed anche con una qualità più alta. Per esperienza posso dire che se un'indagine è fatta bene si evitano spesso lungaggini: perché magari approfondendo si capisce di dover archiviare evitando processi inutili e costosi; perché se le indagini sono complete la parte è indotta a confessare, collaborare, patteggiare o chiedere abbreviato; perché sarà più effettiva la risposta del sistema alle condotte illegali... 
. Mirare a un diritto penale minimo, ovvero dedicato solo ai fatti davvero più gravi, lasciando al diritto civile e a quello amministrativo le condotte meno gravi.

Faccio notare che se escludiamo la proposta del c.d. "ufficio del magistrato" ho citato tutte riforme a costo zero e che anzi garantirebbero un risparmio di tempi e di costi.

E' sempre più urgente che magistrati, avvocati e giuristi tutti si ascoltino e trovino un terreno comune per ridare credibilità al sistema giudiziario. 
L'effetto culturale delle inefficienze della giustizia è il senso di impunità per chi delinque e il senso di impotenza per le vittime: quel trionfo del furbo che tanti scoraggia e tanti corrompe.








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