martedì 12 aprile 2022

Tra cattive riforme e difesa dello status quo

 

La pagella del magistrato preoccupa e ha tutto il sapore dell’ennesima riforma punitiva e frutto di sfiducia verso la magistratura.

Sento che dentro l’Anm monta la protesta e si parla anche di sciopero.

Vero è che da anni si cumulano provvedimenti che vanno limitando l’autonomia e l’indipendenza e che rischiano di spingere, culturalmente oltre che tramite le norme, verso un modello di magistrato burocrate, che per non rischiare farà solo le indagini comode e prenderà solo le decisioni scontate, un magistrato preoccupato più della sua tranquillità e magari concentrato sulla sua carriera.

È un rischio che aleggia da tempo e che non va sottovalutato.

Tuttavia mi sembra che come magistratura ci muoviamo ancora una volta tardi e solo in difesa (viene da pensare che davvero il calcio sia un’immagine del Paese..).

Non che non siano state fatte anche dall’ANM varie proposte in questi anni, ma non è un caso o un complotto se veniamo visti come una corporazione che fa battaglie di retroguardia, unita solo sui NO difensivi, ma incapace di farsi portatrice di una strategia vera di riforma interna, di modernizzazione e di responsabilità.

Prendiamo il tema delle pagelle e della verifica della tenuta dei processi, cartina tornasole della qualità del bravo o cattivo magistrato.

Il tema richiederebbe ben più spazio, ma è intuitivo a chiunque frequenti le aule di Tribunale che la tenuta dei provvedimenti di un magistrato (ovvero il fatto che le richieste o le decisioni vengano confermate e diventino definitive) è un indice importante, seppure non l’unico e nemmeno sempre totalmente affidabile.

È noto che ci siano materie strutturalmente più difficili e con un maggiore rischio di perdita della forza delle prove in dibattimento rispetto al momento delle indagini: penso ai maltrattamenti (con le tante ritrattazioni delle persone offese che si riconciliano con il loro carnefice) o ai reati contro la pubblica amministrazione, processi densi di trappole in fatto e in diritto.

Naturalmente quei numeri non devono esaurire la valutazione del lavoro di un magistrato, ma sono una realtà con cui fare i conti e che può segnalare anomalie e problemi.

Dietro questa complessità noi ci siamo nascosti, chiedendo ai cittadini di fidarsi di noi a prescindere.

Eppure, tanto per dirne una, ogni anno le condanne per ingiusta detenzione sono costate 26 milioni di euro allo Stato (https://www.repubblica.it/politica/2022/03/26/news/errori_giudiziari_26_milioni_di_euro-342904422/): è sempre colpa di altri o di nessuno? O avremmo da tempo dovuto porci delle domande?

Temevo da anni che sarebbe arrivata una riforma punitiva se non avessimo affrontato il nodo della tenuta dei nostri provvedimenti. Siamo come medici di prima linea che non conoscono l'efficacia e gli esiti dei propri interventi.

Quei numeri dovevamo chiederli noi per responsabilità e desiderio di crescita.

Adesso ce li chiedono altri per intenti principalmente intimidatori...e ci ritroviamo incastrati in una battaglia che verrà vista come di retroguardia e di difesa corporativa, mentre nel frattempo la fiducia dei cittadini verso di noi è scesa ulteriormente.

Forse siamo fuori tempo massimo, ma è ancora fondamentale recuperare almeno la consapevolezza della necessità di una riforma e di assumerci le nostre responsabilità.

Le cattive riforme mi preoccupano. Ma più ancora mi preoccupa la difesa dello status quo.

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