25
aprile 2012 - Casa Cervi
Festa
della Liberazione
Nel
nostro paese per essere sovversivi è
sufficiente chiedere che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi ci
governa.
O
magari avere l’ardire di pretendere che, come dice l’articolo 54 della
Costituzione, i cittadini a cui sono affidate le funzioni pubbliche le
adempiano con disciplina e onore.
La
corruzione del potere e
l’infiltrazione della criminalità
organizzata non sono soltanto patologie del nostro sistema.
La
verità è che sono stati e continuano ad essere anche strumenti di controllo del consenso e della cosa pubblica, facendo
degenerare i meccanismi democratici in mera forma per lasciare che si affermi
una regola non scritta che in Italia ha pochi padri ma moltissimi figli: la legge del più furbo, quella debole coi forti e forte coi deboli.
Per
questa ragione una rilevante e trasversale parte della classe politica da anni
cerca di riformare la magistratura con tanti pretesti ma con l’unico vero
intento di ridurla a un ordine di
burocrati ubbidienti, funzionari fedeli e scodinzolanti che tengano sotto
controllo la massa senza disturbare i manovratori, per i quali, a differenza
che per i comuni cittadini, il rispetto della legge è un optional, così come la
coerenza dei comportamenti.
Ma
non è questa la magistratura che ci hanno consegnato i Padri Costituenti!
Che speranza di
legalità e uguaglianza ci può essere
se i pubblici ministeri non conservano l’indipendenza di poter indagare in
qualsiasi direzione e senza guardare in faccia a nessuno ? E quale capacità di
contrasto della corruzione ci potrà mai essere se la polizia giudiziaria,
ovvero coloro che svolgono materialmente le indagini, non sarà più sotto lo
scudo delle’indipendenza delle Procure ?
“Chiunque abbia potere è portato ad abusarne. Egli
arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il potere arresti il potere”
250 anni dopo queste parole di Montesquieu restano
attualissime ed è bene che i cittadini comprendano che la difesa di una
magistratura autonoma dal potere politico è questione vitale perché il sogno
delle donne e degli uomini che hanno dato la vita per la libertà non sia
infranto e contraddetto.
Qualcuno vorrebbe un giudice leone con gli ultimi (che siano immigrati o tossicodipendenti) e agnello coi potenti; un giudice timoroso con chi detiene il potere
economico, tutto concentrato a mantenere l’ordine nelle favelas, mentre nelle
stanze dei bottoni si commettono i reati
che davvero devastano l’Italia.
I delitti che
perpetuano quelli che l’articolo 3 definisce “gli ostacoli di ordine
economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva
partecipazione di tutti all’organizzazione del Paese”.
Penso alla corruzione, all’evasione fiscale, alla
bancarotte, allo spartimento dei beni collettivi secondo interessi privati.
Pensiamo al paradigma delle così dette “Grandi
Opere”: negli ultimi anni questa etichetta è servita per evitare il rispetto
delle regole, viste come intralcio al mani libere… una libertà però non al
servizio di tutti ma usata solo per
arricchire la cricca e perpetuare il conflitto di interessi.
L’Italia ha invece un disperato bisogno di regole condivise e rispettate perché possa
emergere il merito : il Paese in cui il rispetto del diritto diventa una
concessione da parte di chi detiene il potere, nega la dignità del cittadino, trasformandolo in suddito e questuante.
Calamandrei nel 1950 ci ammoniva da “questi bocciati agli esami che vincono
i concorsi, questi professionisti della
corruzione i quali si accorgono che i metodi di arricchimento che ieri
erano tollerati a prezzo di un saluto romano , sono anche oggi rispettati
ugualmente a prezzo di una genuflessione” …e deve indignarci il fatto che
ancora oggi troppo spesso l’Italia può rispecchiarsi in queste parole.
Quello che è importante è che l’indignazione e la
protesta non ci allontanino dalle istituzioni repubblicane.
Altro che fuga o rassegnazione!
I comportamenti indegni e le violazioni della
Costituzione ci devono semmai spingere a partecipare
ancora di più, ad assumerci tutti la
responsabilità di fare la nostra parte.
Nelle nostre famiglie. A scuola. Sul posto di
lavoro.
In ogni momento della nostra vita sociale.
Quando il dissenso viene isolato e delegittimato si
danneggia tutta la democrazia. E tuttavia anche
la protesta più radicale deve trovare la forza e la saggezza per esprimersi
attraverso le istituzioni e non contro
di esse.
L’intolleranza dimostrata da alcune frange contro
un magistrato come Gian Carlo Caselli - che ha rischiato la vita contro il
terrorismo e la mafia per affermare la legalità - non fa onore a nessuno e
porta al di fuori dai binari del confronto democratico.
Non cadiamo nel tranello di quelli che “poi dicono
che sono tutti uguali : è solo un trucco
per non farci uscire di casa quando viene la sera”.
Prima di riformare la nostra bellissima
Costituzione - non si capisce bene come e a quali fini - mi piacerebbe vederla
realizzata, compiuta fino in fondo.
E’ un impegno che abbiamo con i nostri padri e le
nostre madri, con le nostre radici.
Ed è un dovere verso i nostri figli.
Cominciamo
a cambiare noi prima.
Se non iniziamo a comportarci secondo il pensiero,
finiremo per pensare secondo il nostro comportamento.
Ribelliamoci a questo declino.
La legalità è vuoto formalismo senza la coerenza
dei nostri comportamenti quotidiani.
La legalità non è il fine ultimo ma il presupposto
perché possano affermarsi i valori di libertà, uguaglianza e solidarietà.
Offriamo la nostra voce, il nostro impegno, le
nostre mani affinché il sogno del 25 aprile diventi realtà.
La strada è ancora lunga e solo noi possiamo
percorrerla, senza deleghe, senza scorciatoie… seguendo le orme e l’esempio di coloro che ci hanno regalato la libertà.
Un regalo troppo bello per essere sciupato.
Buon 25 aprile a tutti noi
Viva la Costituzione !
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