giovedì 26 aprile 2012

25 aprile 1945...2012 : cominciamo da NOI


25 aprile 2012 - Casa Cervi
Festa della Liberazione

Nel nostro paese per essere sovversivi è sufficiente chiedere che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi ci governa.
O magari avere l’ardire di pretendere che, come dice l’articolo 54 della Costituzione, i cittadini a cui sono affidate le funzioni pubbliche le adempiano con disciplina e onore.

La corruzione del potere e l’infiltrazione della criminalità organizzata non sono soltanto patologie del nostro sistema.
La verità è che sono stati e continuano ad essere anche strumenti di controllo del consenso e della cosa pubblica, facendo degenerare i meccanismi democratici in mera forma per lasciare che si affermi una regola non scritta che in Italia ha pochi padri ma moltissimi figli: la legge del più furbo, quella debole coi forti e forte coi deboli.

Per questa ragione una rilevante e trasversale parte della classe politica da anni cerca di riformare la magistratura con tanti pretesti ma con l’unico vero intento di ridurla a un ordine di burocrati ubbidienti, funzionari fedeli e scodinzolanti che tengano sotto controllo la massa senza disturbare i manovratori, per i quali, a differenza che per i comuni cittadini, il rispetto della legge è un optional, così come la coerenza dei comportamenti.

Ma non è questa la magistratura che ci hanno consegnato i Padri Costituenti!
Che speranza di legalità e uguaglianza ci può essere se i pubblici ministeri non conservano l’indipendenza di poter indagare in qualsiasi direzione e senza guardare in faccia a nessuno ? E quale capacità di contrasto della corruzione ci potrà mai essere se la polizia giudiziaria, ovvero coloro che svolgono materialmente le indagini, non sarà più sotto lo scudo delle’indipendenza delle Procure ?

“Chiunque abbia potere è portato ad abusarne. Egli arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il potere arresti il potere

250 anni dopo queste parole di Montesquieu restano attualissime ed è bene che i cittadini comprendano che la difesa di una magistratura autonoma dal potere politico è questione vitale perché il sogno delle donne e degli uomini che hanno dato la vita per la libertà non sia infranto e contraddetto.

Qualcuno vorrebbe un giudice leone con gli ultimi (che siano immigrati o tossicodipendenti) e agnello coi potenti; un giudice timoroso con chi detiene il potere economico, tutto concentrato a mantenere l’ordine nelle favelas, mentre nelle stanze dei bottoni si commettono i reati che davvero devastano l’Italia.


I delitti che perpetuano quelli che l’articolo 3 definisce “gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione del Paese”.
Penso alla corruzione, all’evasione fiscale, alla bancarotte, allo spartimento dei beni collettivi secondo interessi privati.

Pensiamo al paradigma delle così dette “Grandi Opere”: negli ultimi anni questa etichetta è servita per evitare il rispetto delle regole, viste come intralcio al mani libere… una libertà però non al servizio di tutti  ma usata solo per arricchire la cricca e perpetuare il conflitto di interessi.

L’Italia ha invece un disperato bisogno di regole condivise e rispettate perché possa emergere il merito : il Paese in cui il rispetto del diritto diventa una concessione da parte di chi detiene il potere, nega la dignità del cittadino, trasformandolo in suddito e questuante.

Calamandrei nel 1950 ci ammoniva da “questi bocciati agli esami che vincono i concorsi, questi professionisti della corruzione i quali si accorgono che i metodi di arricchimento che ieri erano tollerati a prezzo di un saluto romano , sono anche oggi rispettati ugualmente a prezzo di una genuflessione” …e deve indignarci il fatto che ancora oggi troppo spesso l’Italia può rispecchiarsi in queste parole.

Quello che è importante è che l’indignazione e la protesta non ci allontanino dalle istituzioni repubblicane.

Altro che fuga o rassegnazione!
I comportamenti indegni e le violazioni della Costituzione ci devono semmai spingere a partecipare ancora di più, ad assumerci tutti la responsabilità di fare la nostra parte.
Nelle nostre famiglie. A scuola. Sul posto di lavoro.
In ogni momento della nostra vita sociale.

Quando il dissenso viene isolato e delegittimato si danneggia tutta la democrazia. E tuttavia anche la protesta più radicale deve trovare la forza e la saggezza per esprimersi attraverso le istituzioni e non contro di esse.
L’intolleranza dimostrata da alcune frange contro un magistrato come Gian Carlo Caselli - che ha rischiato la vita contro il terrorismo e la mafia per affermare la legalità - non fa onore a nessuno e porta al di fuori dai binari del confronto democratico.

Non cadiamo nel tranello di quelli che “poi dicono che sono tutti uguali : è solo un trucco per non farci uscire di casa quando viene la sera”.

Prima di riformare la nostra bellissima Costituzione - non si capisce bene come e a quali fini - mi piacerebbe vederla realizzata, compiuta fino in fondo.
E’ un impegno che abbiamo con i nostri padri e le nostre madri, con le nostre radici.
Ed è un dovere verso i nostri figli.

Cominciamo a cambiare noi prima.

Se non iniziamo a comportarci secondo il pensiero, finiremo per pensare secondo il nostro comportamento.
Ribelliamoci a questo declino.

La legalità è vuoto formalismo senza la coerenza dei nostri comportamenti quotidiani.
La legalità non è il fine ultimo ma il presupposto perché possano affermarsi i valori di libertà, uguaglianza e solidarietà.
Offriamo la nostra voce, il nostro impegno, le nostre mani affinché il sogno del 25 aprile diventi realtà.

La strada è ancora lunga e solo noi possiamo percorrerla, senza deleghe, senza scorciatoie… seguendo le orme e l’esempio di coloro che ci hanno regalato la libertà.

Un regalo troppo bello per essere sciupato.

Buon 25 aprile a tutti noi
Viva la Costituzione !


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