giovedì 14 aprile 2016

INTERCETTAZIONI, POTERE OSCENO, INFORMAZIONE e RISPETTO della DIGNITA'

Le intercettazioni sono uno mezzo di ricerca della prova molto invasivo e potente; una dolorosa e necessaria violazione della segretezza delle comunicazioni (garantita dalla Costituzione) che è ammissibile solo nel rigoroso rispetto delle regole e per la tutela di beni fondamentali.

Anzitutto le intercettazioni possono essere fatte nel nostro ordinamento soltanto per reati gravi (quelli puniti con superiore a 5 anni, oltre ad alcuni altri specificamente elencati). Ma soprattutto il Giudice per le Indagini Preliminari può autorizzare il Pubblico Ministero a procedere con tale attività di indagine soltanto se vi sono già gravi indizi di reato e se l'intercettazione chiesta è assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini.
Questo è il primo grande argine contro qualsiasi abuso: la magistratura deve essere la prima ad applicare con responsabilità ed equilibrio questo strumento, evitando che diventi solo una scorciatoia investigativa quando magari sarebbe possibile (e quindi doveroso) esperire prima altre strade.

Questa necessità di mantenere alta l'attenzione per un uso corretto e mirato delle intercettazioni non può però consentire nessun cedimento circa l'importanza che tale strumento resti e non sia tra l'altro limitato soprattutto a indagini di criminalità organizzata, come talvolta qualcuno ha proposto: in Emilia Romagna, se voglio colpire fenomeni di crimine del potere mi è più utile poter intercettare per riciclaggio e frodi fiscali che per associazione mafiosa...

L'ascolto delle telefonate è spesso il grimaldello principale per scardinare sistemi di corruzione, lo strumento che consente all'autorità giudiziaria di svelare il potere osceno, come lo chiama Roberto Scarpinato ne "Il ritorno del Principe".. ovvero il potere dietro la scena, quello segreto e dietro le quinte che vive troppo di frequente attraverso dinamiche patologiche corruttive, traffici illeciti di influenze, elusione delle regole e asservimento a centri di interessi illeciti e predatori.
Il carattere clandestino della criminalità del potere (compresa quella mafiosa) rende assolutamente indispensabile ricorrere in taluni casi all'intercettazione.
La capacità di controllo di legalità su questi fenomeni di criminalità non comune è fondamentale per realizzare un effettivo bilanciamento dei poteri, in cui la magistratura non sia mero strumento di mantenimento dello status quo nell'interesse dei potenti, ma ordine davvero autonomo e indipendente, capace di indagare le condotte delittuose anche (e vorrei dire soprattutto, pensando all'articolo 54 Cost.) del potere politico ed economico. O siamo capaci di verificare che anche i potenti rispettino le leggi o diventeremo "leoni sotto al trono", utili solo per controllare delinquenti comuni e emarginati, lasciando nell'impunità coloro che inquinano e corrompono la vita democratica ed economica del nostro Paese.
Senza dimenticare che nessun altro in occidente ha i nostri tassi di corruzione uniti alla presenza diffusa e penetrante della criminalità di stampo mafioso.

Se lo strumento di indagine va difeso e applicato con rigore, si tratta invece di trovare un punto di equilibrio tra il diritto\dovere a essere informati e la tutela della riservatezza delle conversazioni private, e con essa della dignità delle persone coinvolte.

Un bavaglio che mirasse a lasciare nell'oscurità il potere osceno sarebbe inaccettabile. Però invece è possibile trovare un bilanciamento trasparente, affidando all'autorità giudiziaria (nel contraddittorio anche con le difese) la responsabilità di determinare quali siano le intercettazioni rilevanti per il processo e quali non lo siano.
Se la conversazione è rilevante allora non se ne potrà vietare la divulgazione, potendosi al limite disporre che questa avvenga solo e soltanto al termine delle indagini, per evitare gogne mediatiche affrettate e valutazioni superficiali.
Se la conversazione è irrilevante, questa deve essere distrutta e qualsiasi pubblicazione andrà vietata e punita, perché violerebbe principi fondamentali non più in ragione della tutela della collettività ma solo per consentire morbose attenzioni che nulla hanno a che vedere con un'informazione consapevole.

Questo delicato equilibrio è possibile già oggi, come dimostra la nota circolare Spataro di cui i giornali hanno parlato diffusamente in queste settimane.
Il senso di responsabilità dei magistrati è fondamentale, ma occorre anche una classe di giornalisti che dimostri la propria serietà e professionalità (e un'ordine vigile).

Ultimo e non ultimo, dobbiamo interrogarci su tutti noi, cittadini e lettori che usufruiscono dei media. 
Fino a quando premieremo un giornalismo morboso, fatto di gossip, pregiudizi e gogne, la nostra domanda di fango troverà spesso qualcuno disposto all'offerta.
Cerchiamo un'informazione seria e documentata.
Seguiamo i dibattimenti piuttosto che i pettegolezzi sulle indagini.
Inseguiamo chi pone domande scomode e non chi ci offre facili risposte o capri espiatori per la nostra falsa indignazione.

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