"poche idee ma ben confuse..."
Il mio insegnante di italiano al liceo fotografava con questa lapidaria espressione le perfomance meno convincenti in un'interrogazione... e queste parole mi sono tornate in mente leggendo l'ultima versione della bozza di contratto per la formazione del nuovo Governo tra M5S e Lega.
A parte qualche dichiarazione d'intento anche condivisibile ma generica, lasciano perplessi alcuni punti così come la totale mancanza di altri argomenti.
In generale i possibili soci della futura maggioranza sembrano voler dichiarare la fine del "diritto penale minimo", ovvero di quella corrente del diritto penale (maggioritaria anche in dottrina) che suggerisce un uso moderato del diritto penale quale extrema ratio.
Vengono infatti bollati come negativi provvedimenti che la maggior parte degli operatori hanno condiviso e che anzi avremmo voluto vedere ancor più sviluppati: quindi no a depenalizzazione e abrogazione, no a misure alternative alla detenzione, no alla non punibilità per tenuità del fatto, no al ricorso agli illeciti amministrativi...insomma, torniamo a mostrare i muscoli e usiamo il diritto penale come strumento di affermazione della legalità.
Qualcuno rispetto a questo approccio parla giustamente di "panpenalismo": il diritto penale come panacea di tutti mali, come strumento principe.
Questa impostazione che vorrebbe dimostrare forza e autorevolezza è per un verso sbagliata nelle premesse e illusoria negli obiettivi.
L'eccessivo ricorso al processo penale e al carcere dimostra la volontà di essere autoritari ma non per questi autorevoli, non capendo che il recupero di legalità passa anzitutto attraverso cultura della legalità, educazione, trasparenza ed efficienza delle procedure.
Soprattutto questo approccio contraddice l'altra volontà di fondo espressa dal contratto, ovvero quella che vorrebbe realizzare una giusta durata del processo.
Tale obiettivo, condiviso ovviamente da tutte le parti almeno come principio, non può certo essere perseguito aumentando il novero dei reati (e quindi dei processi) ed escludendo delle modalità di definizione alternative.
Per recuperare efficacia e quindi autorevolezza non abbiamo bisogno di altri processi, ma di farne di meno e meglio ed in tempi più effettivi.
Allora è contraddittorio volere processi brevi e poi dire che si vuole abolire il rito abbreviato per i reati più gravi. Questa scelta determinerebbe un enorme aggravio dei Tribunali con altri processi impegnativi e lunghi e conseguente aumento dei tempi.
Sarebbe invece estremamente ragionevole semmai potenziare i riti alternativi, magari spingendo verso una maggiore appetibilità del patteggiamento (che oggi può essere fatto solo sino a 5 anni) e magari concedendo uno sconto di pena inferiore per il predetto rito abbreviato (con cui l'imputato rinuncia ad assumere le prove in contraddittorio).
Chi frequente le aule dei tribunali sa benissimo che sono proprio i riti alternativi a tenere in vita il sistema (infatti i tribunali in cui nessuno fa riti alternativi, magari anche per colpa di indagine lente e non complete, finiscono per collassare e non riescono a dare una risposta alla domanda di giustizia).
Chiarisco ulteriormente: uno degli obiettivi delle mie indagini è quella di fare un'attività di approfondimento completa così da indurre le difese a scegliere il rito alternativo. In questo modo ottengo risultati più sicuri e con un risparmio di decine di ore di lavoro e ottenendo sentenze definitive con anni di anticipo, contemporaneamente alleggerendo il carico dei dibattimenti.
Altra cosa che colpisce è l'assenza di attenzione verso i fenomeni della criminalità economica che danneggiano enormemente la crecita del Paese e le casse dell'Erario:bancarotte, frodi fiscali, riciclaggi...
Queste emergenze non vengono citate (ci sarebbe bisogno di nuove norme, nuove competenze, specializzazione degli operatori, strumenti di contrasto più snelli per evitare l'abuso delle persone giuridiche, ecc...), mentre si dedica attenzione ai reati di maggiore "allarme sociale", come i furti in abitazione...
L'allarme sociale va ascoltato ma forse andrebbe anche spiegato ai cittadini che una bancarotta di 30 milioni o una frode fiscale per 10 milioni (come ne sto vedendo ogni anno io nel mio ufficio) sono fenomeni assai più dannosi per la collettività...
Quindi panpenalismo da un lato e diritto penale delle favelas dall'altro (come definito da Scarpinato), ovvero un diritto penale dedicato ai reati di chi è già ai margini delle società e non sa essere altrettanto efficace e credibile verso i colletti bianchi, la criminalità economica e del potere.
Sono assolutamente convinto dalla mia esperienza sul campo in questi anni che il miglior contrasto alla penetrazione mafiosa in particolare al nord passa principalmente proprio attraverso un efficace controllo di legalità nella materia societaria, fallimentare e tributaria.
Lascia allora un po' perplessi vedere che si dedica anche qualche riga alla tutela degli animali (che io adoro, avendo un cane e un gatto, sia chiaro...), che francamente non mi pare essere l'emergenza del Paese, soprattutto se si vogliono liberare le risorse sane e recuperare i profitti illeciti a fronte degli enormi costi del resto del programma di Governo.
Mancano poi idee e indicazioni su come far effettivamente viaggiare più veloce la macchina della giustizia, che è il problema dei problemi. Inutile aumentare pene o minacciare il carcere se i dibattimenti sono troppi e durano anni, se le Procure sono affossate da migliaia di denunce anche per fatti bagatellari, se la procedura non viene semplificata e razionalizzata.
Siamo solo alla preparazione della nascita di un possibile nuovo Governo, ma le idee appaiono purtroppo poche e ben confuse.
Infine, il programma di riforma della giustizia e in particolare della giustizia penale non dovrebbe essere proprietà del Governo, essendo attribuito al Parlamento, al potere legislativo. Proprio la materia penale è riservata alla legge parlamentare dalla Costituzione, non volendosi affidare un tema tanto delicato alle scelte del Governo (che cerca di farlo persino a volte con i decreti legge).
Questo problema di metodo è solo il sintomo di un problema più vasto e sistematico: nel nostro Paese stiamo perdendo la separazione tra potere esecutivo e potere legislativo...e per di più lo stiamo facendo a discapito del secondo, laddove semmai i Padri Costituenti volevano la centralità del Parlamento anche come maggiore garanzia di democrazia e di tutela delle minoranze.
Speriamo che alcuni toni da campagna elettorale vengano messi da parte e si torni a confrontarci e ragionare su ciò che davvero è utile, urgente, possibile, determinante per recuperare legalità in un Paese ferito dalla criminalità e inaridito dalla sfiducia nella giustizia.
Good night and good luck