Il Parlamento sta discutendo di
introdurre il nuovo reato di disastro ambientale.
Questa la formulazione attualmente
proposta e in discussione:
Art. 452-ter. (Disastro
ambientale) Chiunque, in violazione di
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste
a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito
amministrativo o penale, o comunque
abusivamente, cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da
cinque a quindici anni.
La norma era attesa e richiesta da tempo
in un campo nel quale la maggior parte dei reati sono mere contravvenzioni con
sanzioni ridicole e a rischio prescrizione: si doveva rispondere alla forte la
richiesta di prevedere un delitto con sanzioni severe a
protezione di un bene tanto prezioso e martoriato nel nostro Paese, quale l’ambiente.
La dichiarazione di prescrizione nella
vicenda Eternit è stata la spallata finale che ha messo sotto gli occhi di
tutti come in effetti questa ferita fosse aperta e sanguinante.
Bene, bravi, bis, allora!?!?
Ecco, rubando l’espressione al grande
giornalista sportivo Flavio Tranquillo, direi piuttosto ironicamente: bene, ma non benissimo…
Bene ma non benissimo perché a questo bel
delitto con pene effettivamente molto serie (fino a quindici anni!) sono stati
messi argini a mio modesto avviso molto stretti e ipocriti…
In sostanza il disastro
ambientale doloso (perché questa è la fattispecie dolosa, appunto, quindi
il caso in cui tale disastro sia stato cagionato
con coscienza e volontà e non per colpa…) sarebbe punibile se e solo se sia
stato commesso in violazione di
specifica disposizione normativa (legge, regolamento o altra disposizione
amministrativa) o in modo comunque abusivo.
In altri termini il disastro ambientale
doloso non sarebbe punibile quando commesso “a regola d’arte”
e nel rispetto formale di tutte le norme.
“Ma se rispetto le regole cos’altro
dovrei fare?! Perché non basta?!”
Ecco, in Italia può non bastare… anche perché
specie in un settore così tecnico come quello della tutela ambientale (che
evidentemente tocca e confligge spesso con gli interessi della grande industria),
potrebbe accadere che le regole siano ritagliate su misura proprio per
consentire all’impresa di fare quel che chiede e che ha bisogno di realizzare.
Il caso ILVA ci sta dimostrando in questi
anni come si sia arrivati a piegare non solo le autorizzazioni amministrative
ma persino la legge stessa all’esigenza suprema della produzione e del lavoro,
lasciando che la salute diventi un bene sacrificabile e negoziabile.
Come se non fosse possibile tutelare il
lavoro nel rispetto della legalità e proteggendo la salute delle persone e l’ambiente
nel quale viviamo!
Inoltre la vicenda dell’amianto ci
dimostra come sia possibile che in una primissima fase manchino le norme di
riferimento, ma la scienza e l’industria sono già a conoscenza che certi
comportamenti sono dannosi per l’ambiente: con la formulazione attuale queste
situazione di consapevole inquinamento resterebbero salvate, proprio sfruttando cinicamente i vuoti normativi e
legislativi.
E’ una piega pericolosa che stiamo
vedendo spesso in molti campi: si
afferma un principio demagogico di massima per fini propagandistici, ma poi si svuota di contenuto tale
affermazione rendendo il valore da tutelare negoziabile e sacrificabile nel
caso specifico, prevedendo eccezioni di vario tipo.
Tutto a norma di legge ovviamente….!
“Legalizzare la
mafia sarà la regola del duemila”
…cantava così provocatoriamente Francesco
De Gregori.
Il disastro ambientale doloso può allora essere
commesso se si rispettano le leggi e se non lo si fa in modo abusivo…???
Capisco che tutti i cittadini e ancor di
più gli imprenditori hanno la giusta
esigenza di poter sapere quali siano le regole da rispettare: non
sottovaluto questo problema e non chiedo
che alla magistratura sia data carta bianca nel perseguire quello che
ritiene ingiusto.
Tuttavia nemmeno si può accettare che un delitto così grave possa essere coperto da un formalismo di facciata, figlio
spesso di un sistema poco trasparente e corrotto, come purtroppo le notizie ci
ricordano tutti i giorni.
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