"the problems we all live with" di norman rockwell

giovedì 28 ottobre 2021

Riconciliarsi col Processo

Esco da un'udienza che mi riconcilia col mio mestiere di pubblico ministero e con un sistema processuale che non sempre riesce ad essere lo spazio in cui incarnare la sete di giustizia.
Esco rinfrancato perché quando nel contraddittorio del dibattimento si riesce davvero ad approfondire, a ragionare, ad ascoltarsi reciprocamente, allora si esce dalla logica delle parti contrapposte e dei ruoli e si apre un orizzonte più vasto.
Non si tratta di vincere o perdere, ma di sforzarsi di riflettere, di assumere diversi e nuovi punti di vista, di navigare nel vasto oceano del diritto seguendo la stella polare dei principi costituzionali.
Le sfumature del fatto e delle questioni giuridiche si moltiplicano: più conosci il caso e più studi gli istituti giuridici, più scopri che non avevi prima di allora capito molto...
Ci si sente sempre all'inizio del viaggio, dei cercatori, esploratori all'inseguimento della linea dell'orizzonte, che si sposta con noi.
Tutto questo è possibile anzitutto quando dall'altra parte c'è un difensore che con impegno e onestà intellettuale ci costringe a misurare la tenuta dell'accusa. Solo in questo confronto posso imparare, fare esperienza, approfondire, maturare una conoscenza più problematica ma non superficiale e bidimensionale della vita e della persone di cui sono chiamato ad occuparmi.
Il diritto penale può essere anche questo, anche se spesso viene indicato e vissuto (dalla politica ma a volte anche da noi magistrati e avvocati) come arena di scontro, magari ad uso delle aspettative più o meno legittime del pubblico (i cittadini).
La ricerca della verità processuale è un percorso accidentato e richiede cautela ed equilibrio oltre che professionalità.
La decisione che scaturisce da un confronto serrato ma schietto, da un dialogo franco e costruttivo: questa decisione potrà avvicinarci di un piccolo passo all'idea di giustizia che ci muove.
Ricordando che dietro ad ogni persona è ad ogni vicenda, talvolta drammatica, che ricostruiamo in udienza, ci sono realtà più complesse di quelle che le nostre norme, pur bene interpretate, possono cogliere. E per affrontare queste sfide il processo penale può essere solo una tappa.

giovedì 5 agosto 2021

Riforma della Giustizia Penale: andare oltre i capri espiatori

La riforma della giustizia penale sembra vicina a diventare legge, tra compromessi, critiche, necessità e speranze.

Vero: le possibili riforme utili potevano essere molte altre: 

- rimuovere il divieto di reformatio in peius (che garantisce a chi appella di non avere esiti peggiori del primo grado se non c'è, come non c'è e non può esserci sempre, l'appello incidentale del PM), misura che avrebbe fortemente disincentivato appelli pretestuosi fatti solo per ottenere qualche attenuante ovvero per ritardare il passaggio in giudicato

- allargare lo spazio di operatività del patteggiamento, oggi assurdamente limitato alle pene sino a 5 anni, costringendo a fare processi comunque delicati nei quali non vi è nulla di più da accertare o approfondire

- semplificare le regole sulla competenza territoriale, che oggi - in nome del principio astratto del giudice naturale - finiscono per disintegrare indagini connesse e moltiplicare i dibattimenti e i costi da sostenere 

- puntare sul processo in presenza e a quel punto semplificare tutte le notifiche successive alla prima

- innovare il sistema sanzionatorio, rendendolo più adatto alle specifiche responsabilità e alle finalità educative

- depenalizzare e semplificare, così da investire nel dibattimento solo per vicende davvero meritevoli

...la lista dei desideri da inviare a Babbo Natale è sempre facile da scrivere e riempire, ma naturalmente bisogna fare i conti con i necessari (stavo per dire inevitabili) negoziati della politica, che finiscono per essere guidati da logiche di parte e di consenso e non da un confronto equilibrato su come far funzionare meglio i processi.

Perché certamente il problema della giustizia troppo lenta o a velocità troppo diverse a seconda dei casi e dei luoghi non è un problema da poco e da tempo mina la credibilità del sistema, che invece può reggersi solo sulla fiducia.

Oggi quella fiducia il sistema l'ha in gran parte perduta e purtroppo è gravemente (e ahimè giustamente) incrinato anche il prestigio della magistratura

Ci sono molte spiegazioni e molti fattori da considerare per comprendere le ragioni dell'irragionevole durata di troppi processi: gli organici degli uffici, le scoperture, la mancanza di personale amministrativo e di risorse, la procedura a volte inutilmente bizantina, i carichi di lavoro particolarmente elevati specie in alcune zone...

Tutto vero anche questo. 

Tuttavia sono convinto che le cose potrebbero (e dovrebbero) migliorare anzitutto attraverso la diffusione e l'implementazione delle più virtuose organizzative (negli uffici collettivamente e da parte dei singoli magistrati) nonché recuperando professionalità.

Voglio dire che se è vero che noi magistrati noi siamo nè gli unici nè probabilmente i principali responsabili delle lentezze e delle inefficienze del sistema, è però vero anche che avremmo le capacità e le possibilità di risolvere o perlomeno gestire e contenere moltissimo i grandi problemi che affliggono la giustizia penale (questa conosco e di questa parlo, non potendomi esprimere sul settore del tutto separato della giustizia civile).

Ciò non avviene sempre per molte ragioni

- spesso indipendenza e autonomia nella giurisdizione vengono intese anche come arbitrarietà e autarchia dal punto di vista organizzativo: non c'è bisogno di vedere la giustizia come un'azienda per capire che l'organizzazione collettiva e personale è alla base della gestione di un sistema così complesso e sovraccarico e i casi virtuosi di uffici che sono usciti dalle difficoltà grazie a dirigenti, magistrati e personale illuminato sono lì a testimoniarlo

- le valutazioni periodiche di professionalità dei magistrati sono un'attività seria e complessa ma che purtroppo non si sta rivelando capace di evidenziare le situazioni critiche e soprattutto i comportamenti sciatti; è, cioè, un sistema capace di sanzionare le cadute specifiche o clamorose, ma che non si rivela efficace nel prevenire e risolvere i non trascurabili casi di livello medio basso, che galleggiano appena nel grigiore dell'irresponsabilità

In tutto questo dovrebbe essere ben chiaro che i tempi della giustizia, il buon funzionamento del processo e l'indipendenza dei magistrati non sono di interesse di questa o quella categoria, ma sono beni fondamentali dell'intera collettività. Per questo è avvilente vedere che anche su questi temi vincono le posizioni ideologiche e gli slogan, ma che anche nel mondo dei giuristi le guerre di posizione, volte a cercare capri espiatori per non rimanere col cerino in mano, prevalgono.

Non dobbiamo cercare colpevoli, ma trovare soluzioni.

Altrimenti finiamo per elaborare soluzioni non ottimali o persino in parte peggiori del problema che volevamo risolvere: penso ad esempio alla pessima idea di affidare al Parlamento la decisioni sui criteri di priorità delle indagini. Si tratta di una scelta in contraddizione con il principio di obbligatorietà dell'azione penale, che è attributo necessario di un ordinamento che voglia sul serio impegnarsi ad affermare in concreto l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. 

In questo quadro credo che la magistratura debba per prima cosa rimboccarsi le maniche e guadarsi allo specchio con coraggio, rivendicando i propri meriti e non nascondendo le debolezze e le opacità. Penso ai dirigenti degli uffici illuminati, ai tanti singoli e ai gruppi che si prodigano per gestire carichi di lavoro difficile, penso ai pubblici ministeri capaci di investire in modo intelligente nelle indagini, facendo davvero filtro e portando in dibattimento solo fascicoli tendenzialmente completi, così da incentivare riti alternativi e abbreviare i tempi.

Non siamo sempre ineccepibili s questi fronti. Se a ciò aggiungiamo gli scandali dell'autogoverno, diventa difficile ergersi sulla cattedra e pretendere che la politica ci ascolti per produrre una riforma complessiva e razionale.

Continuo a credere nella magistratura, nelle istituzioni, nel modello di giustizia disegnato dalla Costituzione. Tuttavia, l'amarezza accumulata in questi anni mi spinge a sentirmi soprattutto responsabile per me stesso e per quello che faccio, nel lavoro, nell'ufficio e anche nell'autogoverno, responsabilità di tutti i magistrati.

E' più che mai il momento di fare il proprio dovere fino in fondo e partecipare al dibattito con proposte costruttive, cercando anche condivisione nelle voci in buona fede che sono certo si trovino in tutti gli schieramenti e in tutte le categorie. Nella misura in cui sapremo farlo sono convinto che riusciremo a ovviare a molti dei problemi che affliggono la giustizia penale: non per noi stessi, ma per i cittadini tutti...e per evitare cattive soluzioni anche sul piano costituzionale e democratico.