"the problems we all live with" di norman rockwell

domenica 8 ottobre 2023

Ci sono dei limiti alla manifestazione del pensiero da parte dei magistrati?


Ci sono dei limiti alle manifestazioni del pensiero da parte dei magistrati? E quali sarebbero?
Queste domande si sono sempre poste, dovendo garantire l’indipendenza e la separazione della magistratura dalla politica, ma al contempo tutelare i diritti costituzionali dei singoli magistrati, che vincendo il concorso non perdono certamente in automatico le loro prerogative di cittadini.

La vicenda di questi giorni ha dei contorni molto precisi se solo si cerca di ricostruirla con lucidità e non si corre dietro alla narrazione mediatica.
La collega non ha convalidato dei fermi disposti sulla base della nuova normativa in materia di immigrazione, motivando in punto di violazione degli obblighi internazionali e quindi anche dell’art. 10 della Costituzione. Se a qualcuno interessasse il merito della decisioni e i principi in gioco (ma è un grosso se, temo…), si può documentare: https://www.giustiziainsieme.it/it/diritti-umani/2912-difetto-di-motivazione-questa-la-ragione-della-non-convalida-dei-provvedimenti-di-trattenimento-del-questore-di-ragusa

A quel punto la giudice è stata oggetto di attacchi anche sui social, venendo accusata di aver usato la sua funzione giurisdizionale di fatto come strumento di reazione politica. Ipotesi assai grave e che però, come dimostra l’articolo sopra citato, è priva di fondamento, essendo la decisione fondata su questioni giuridiche (e non su opinioni personali)
Il fatto che sia una decisione sgradita al Governo non la rende una decisione di natura politica: politiche possono essere eventualmente (e forse inevitabilmente) le ricadute della decisione stessa, ma questo non può e non deve influenzare il magistrato che applica la legge, ancor più se in ballo ci sono principi fondamentali e costituzionali come la tutela della libertà personale e il rispetto degli obblighi internazionali.
Attenzione: non è in discussione la possibilità di discutere del merito della decisione del giudice, contro cui peraltro si potranno anche azionare i ricorsi previsti dalla legge. Quel che non è invece accettabile e normale di un sistema democratico è vedere l’attacco all’esercizio della giurisdizione in quanto tale e nella misura in cui questo si manifesta in modo non gradito al potere politico. Questa non è più legittima critica ma diventa espressione di insofferenza verso l’indipendenza della magistratura, che dei sistemi democratici è appendice necessaria e ineludibile.

Esistono al mondo Paesi in cui tutte le decisioni dei tribunali incontrano il favore del governo, ma non sono posti dove si desidererebbe vivere” (Lord Bingham, presidente del British Institute of International and Comparative Law”

La mancanza di argomenti sostanziali contro il provvedimento del Tribunale di Catania mi pare dimostrata da quanto è accaduto in seguito.
L’attacco è diventato ad personam, si è cercato di delegittimare il magistrato, tra l’altro approfittando di uno spaventoso squilibrio di accesso ai media, ovviamente… sino a ripescare un video nel quale la collega di Catania aveva partecipato a una manifestazione in favore dei diritti dei migranti. 

Un ottimo articolo di Armando Spataro su La Stampa ha già illustrato come tale partecipazione è stata strumentalizzata e manipolata, per una serie di ragioni: l’evento vedeva coinvolte anche associazioni cattoliche e moderate avendo carattere più strettamente umanitario che politico ed inoltre la giudice non ha minimamente condiviso i comportamenti di qualche frangia più provocatoria ed aggressiva.
Se questo è il quadro, ed è perciò evidente la chiave propagandistica della polemica innescata ai danni della collega, tuttavia non possiamo non cogliere l’occasione per riflettere se il diritto dei magistrati a manifestare le proprie opinioni non debba incontrare degli argini di opportunità per non intaccare l’immagine di indipendenza e terzietà dell’intero ordine giudiziario.

Se certamente tale diritto diritto costituzionale deve essere difeso difeso da attacchi strumentali come quelli che stiamo osservando in questi giorni, ciò non toglie che vi sia l’assoluta esigenza che il magistrato eserciti il proprio legittimo diritto individuale con particolare equilibrio e sobrietà, tenendo anche conto che viviamo nell’era dei social e dell’eterna diretta (che sia a causa di un Grande Fratello o di un privato telefonino ormai onnipresente a immortalare ogni nostro starnuto...).
Non credo che si possa immaginare di risolvere la questione con qualche regoletta, anche perché rischieremmo di avvallare gli appetiti di un potere politico che va cercando pretesti per silenziare e burocratizzare la magistratura, cavalcando la retorica complottista di giudici presunti politicizzati che cercherebbero di ostacolare il coraggioso manovratore.

La realtà è che ben pochi sono i cittadini che hanno la voglia e la pazienza di approfondire e capire il merito della questione; temo che la stragrande maggioranza della massa non abbia la fiducia per poter ascoltare una vera discussione e si limiti o a disinteressarsi della questione o ad applaudire allo slogan della parte politica di appartenenza, in una logica di tifo che fa del pregiudizio il piedistallo su cui ergersi per giudicare cose che non si conoscono e tanto meno si capiscono (come un tifoso che dall’ultima fila del terzo anello vede cadere l’attaccante della propria squadra a 200 metri di distanza e urla immediatamente al rigore, immaginando che l’arbitro, a pochi metri dai fatti, decida in mala fede nella misura in cui non gli dà ragione...).

Se questa è l’umore della piazza, noi magistrati il problema di recuperare credibilità e fiducia e di proteggere la nostra autorevolezza dobbiamo porcelo, proprio esercitando le virtù dell’equilibrio e della sobrietà.  
Dovremmo evitare tutte quelle situazioni e iniziative che (ex ante...) si prestano ad essere bollate come faziose e che possono ledere alla nostra immagine di imparzialità. E questa attenzione si impone con maggiore prudenza e rigore se esiste la possibilità che ci dovremo pronunciare nell’esercizio della nostra giurisdizione su quel particolare argomento. 
L’astratta tutela a oltranza della nostra libertà individuale di manifestare il pensiero rischia di affermarsi a discapito della fiducia e della credibilità della magistratura, che deve cercare di resistere allo tsunami dei tweet, dei tiktok, dei talk show urlati, degli haters, della propaganda social e delle battute da bar... (che ci sono sempre state, ma che non venivano viste e condivise da centinaia di migliaia di persone in poche secondi)

L’ex magistrato ed ex onorevole Luciano Violante ha osservato in questi giorni che la collega non avrebbe dovuto partecipare all’evento in questione. Non è forse un caso che lo dica proprio colui che aveva teorizzato che i magistrati dovessero essere leoni, ma leoni sotto al trono (e quindi ubbidienti e al servizio del superiore potere politico). Credo che Trump e Netanyahu sarebbero d’accordo lui..

Ebbene, questo paradigma è incostituzionale, perché i giudici e i pubblici ministeri devono essere soggetti solo alla legge e hanno anzi il dovere di vigilare che tutte le leggi rispettino i principi costituzionali, cui anche il governo e la maggioranza devono ossequio. Per svolgere questo delicato e importante ruolo, la magistratura dovrà però saper difendere (o forse dovrei dire riconquistare) la propria credibilità agli occhi dei cittadini, anche a costo di qualche esercizio di prudenza in più.