La pandemia non è soltanto una grande questione sanitaria con enormi conseguenze economiche. Quello che sta accadendo metterà a dura prova la tenuta e la credibilità delle democrazie liberali.
Al momento abbiamo più domande che risposte, ma è chiaro che il non essere riusciti a contenere la seconda ondata è percepito da tutti come una dimostrazione di inefficienza e di inefficacia. Ovviamente non mi riferisco solo all'Italia ma a quasi tutte le grandi democrazie occidentali, che infatti adesso si trovano in molti casi sulla soglia di un altro lockdown, con tutti i suoi terribili costi economici, sociali e psicologici.
Al contrario di molti altri non ho le soluzioni in tasca e non mi riesce facile puntare il dito.
Ci sono state probabilmente scelte tardive e sono stati commessi errori: è inevitabile discuterne e chiederne conto a coloro che la responsabilità. Tuttavia temo che la ricerca dei capri espiatori ci faccia sfuggire questioni ben più ampie e complesse e che non era ragionevole aspettarsi di risolvere in pochi mesi sotto la pressione dell'urgenza di una situazione mai vista prima.
L'Italia in particolare da troppo tempo ha smesso di investire nella scuola, come se la formazione, l'educazione e l'istruzione superiore non fossero le migliori chance per il nostro sviluppo futuro. Da troppo tempo la sanità è stato solo un costo da tagliare o un business da sfruttare. Da troppo tempo non ci sono strategie di sviluppo sostenibile e tanto meno un tentativo di ripensare la mobilità pubblica (il pil cresce di più facendo crescere la vendita di Suv o aumentando il numero di persone che si muovono con mezzi pubblici e verdi?).
Spero che quanto sta succedendo imponga a tutti noi di contribuire a un dibattito pubblico più serio e lungimirante, perché in ballo c'è un'altra enorme sfida.
Il rischio è che il 2020 - oltre ad alimentare ulteriormente divisioni sociali, diseguaglianze, paure e rabbia - ci faccia credere che le democrazie liberali non sono adatte a gestire queste emergenze. Troppi potrebbero pensare che ci vorrebbe un regime più forte, più decisionista, più repressivo per poter controllare e implementare le regole che possono garantirci salute e tranquillità.
Non è uno scambio accettabile.
Anzitutto perché il presupposto di fatto mi pare discutibile e quanto meno falsato nella percezione. Ho letto diversi reportage e articoli su come la Cina sarebbe riuscita a contenere e gestire l'emergenza ed evitare così la seconda ondata. Tra le ragioni di tale successo del modello cinese ci sarebbe la grande e invasiva capacità di controllo e repressione del regime, oltre che una più radicata disponibilità a sacrificare qualcosa di personale per l'interesse della collettività. Qualcosa di vero potrebbe esserci in tale interpretazione, ma...ho qualche domanda:
- davvero sappiamo cosa era successo e cosa sta succedendo in quei Paesi in cui il dissenso non è ammesso e nemmeno la libera stampa?
- davvero vorremmo vivere in un regime in cui se un membro della famiglia (anche minorenne) diventa sospetto contagiato viene portato via e messo in una struttura del governo in quarantena per evitare il contagio in famiglia (grande problema della seconda ondata, a leggere gli esperti)? [https://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(20)30800-8/fulltext?fbclid=IwAR18sNHcSVhvT7gDD0IynPUA-sQ8nB2SKTxj7LBcNCjFcIiQFuWNwwfKEl0]
- davvero pensiamo che i sistemi liberali non possano coniugarsi con il rispetto delle regole e la solidarietà?
Io credo che le democrazie liberali si possano salvare e possano arginare la deriva verso regimi autoritari solo raccogliendo queste sfide e alzando l'asticella.
Il dissenso va accettato, ascoltato e incluso nel dibattito, promuovendo però spazi di confronto civili e condivisi ed isolando haters e fake news.
La stampa libera e l'informazione seria, basata sul coraggio dei fatti e sulla conoscenza, vanno sostenute e difese.
Le libertà personali vanno tutelate e non possiamo accettare ricatti dettati dal timore di qualche minaccia, vera o presunta.
Il rispetto delle regole e il senso di comunità e bene comune vanno rimessi al centro della società, superando concezioni miopi e iper-individuali concentrate sul successo personale.
Il progresso ed il benessere saranno per tutti o non ci saranno del tutto.
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