"the problems we all live with" di norman rockwell

mercoledì 18 marzo 2015

DISASTRO LEGALIZZATO


Il Parlamento sta discutendo di introdurre il nuovo reato di disastro ambientale.
Questa la formulazione attualmente proposta e in discussione:
Art. 452-ter. (Disastro ambientale) Chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell'ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

La norma era attesa e richiesta da tempo in un campo nel quale la maggior parte dei reati sono mere contravvenzioni con sanzioni ridicole e a rischio prescrizione: si doveva rispondere alla forte la richiesta di prevedere un delitto con sanzioni severe a protezione di un bene tanto prezioso e martoriato nel nostro Paese, quale l’ambiente.
La dichiarazione di prescrizione nella vicenda Eternit è stata la spallata finale che ha messo sotto gli occhi di tutti come in effetti questa ferita fosse aperta e sanguinante.

Bene, bravi, bis, allora!?!?
Ecco, rubando l’espressione al grande giornalista sportivo Flavio Tranquillo, direi piuttosto ironicamente: bene, ma non benissimo…

Bene ma non benissimo perché a questo bel delitto con pene effettivamente molto serie (fino a quindici anni!) sono stati messi argini a mio modesto avviso molto stretti e ipocriti…
In sostanza il disastro ambientale doloso (perché questa è la fattispecie dolosa, appunto, quindi il caso in cui tale disastro sia stato cagionato con coscienza e volontà e non per colpa…) sarebbe punibile se e solo se sia stato commesso in violazione di specifica disposizione normativa (legge, regolamento o altra disposizione amministrativa) o in modo comunque abusivo.
In altri termini il disastro ambientale doloso non sarebbe punibile quando commesso “a regola d’arte” e nel rispetto formale di tutte le norme.

“Ma se rispetto le regole cos’altro dovrei fare?! Perché non basta?!”
Ecco, in Italia può non bastare… anche perché specie in un settore così tecnico come quello della tutela ambientale (che evidentemente tocca e confligge spesso con gli interessi della grande industria), potrebbe accadere che le regole siano ritagliate su misura proprio per consentire all’impresa di fare quel che chiede e che ha bisogno di realizzare.
Il caso ILVA ci sta dimostrando in questi anni come si sia arrivati a piegare non solo le autorizzazioni amministrative ma persino la legge stessa all’esigenza suprema della produzione e del lavoro, lasciando che la salute diventi un bene sacrificabile e negoziabile.
Come se non fosse possibile tutelare il lavoro nel rispetto della legalità e proteggendo la salute delle persone e l’ambiente nel quale viviamo!

Inoltre la vicenda dell’amianto ci dimostra come sia possibile che in una primissima fase manchino le norme di riferimento, ma la scienza e l’industria sono già a conoscenza che certi comportamenti sono dannosi per l’ambiente: con la formulazione attuale queste situazione di consapevole inquinamento resterebbero salvate, proprio sfruttando cinicamente i vuoti normativi e legislativi.

E’ una piega pericolosa che stiamo vedendo spesso in molti campi: si afferma un principio demagogico di massima per fini propagandistici, ma poi si svuota di contenuto tale affermazione rendendo il valore da tutelare negoziabile e sacrificabile nel caso specifico, prevedendo eccezioni di vario tipo.
Tutto a norma di legge ovviamente….!

Legalizzare la mafia sarà la regola del duemila
…cantava così provocatoriamente Francesco De Gregori.

Il disastro ambientale doloso può allora essere commesso se si rispettano le leggi e se non lo si fa in modo abusivo…???

Capisco che tutti i cittadini e ancor di più gli imprenditori hanno la giusta esigenza di poter sapere quali siano le regole da rispettare: non sottovaluto questo problema e non chiedo che alla magistratura sia data carta bianca nel perseguire quello che ritiene ingiusto.
Tuttavia nemmeno si può accettare che un delitto così grave possa essere coperto da un formalismo di facciata, figlio spesso di un sistema poco trasparente e corrotto, come purtroppo le notizie ci ricordano tutti i giorni.

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